(Foto di Kalliop3 del Parlamento Europeo, Bruxelles)
Come spiegato nel post precedente: “Un architetto troppo timido”, “la complessa architettura istituzionale della UE è il risultato di un compromesso orientato a mantenere un notevole potere di influenza degli Stati membri nel processo decisionale e impedire quindi che i vertici della Unione Europea abbiano poteri superiori ai vertici dei singoli Stati. Il risultato è un sistema che potrebbe arrivare presto all’implosione.
Il metodo comunitario infatti, che era alla base della costruzione europea, ha ceduto progressivamente passo, soprattutto dall’unione monetaria in poi al metodo intergovernativo. Questo metodo è destinato a fallire, perché cerca di riconciliare l’irriconciliabile: ovvero cerca di definire quello che è interesse “europeo” attraverso un meccanismo decisionale che solo in apparenza include tutti, ma che invece contrappone gli interessi di uno stato a quelli degli altri, creando “vincitori” e “vinti” ad ogni trattativa, ad ogni occasione.
Tuttavia, anche in una pletora di organismi amministrativi con compiti e funzioni ripartite in modo comprensibile solo agli addetti ai lavori, i cittadini europei possono trovare un’istituzione più familiare che li rappresenta direttamente: il Parlamento Europeo.
Rispetto alla Commissione e al Consiglio, il Parlamento Europeo è un’istituzione relativamente giovane. I primi deputati europei infatti furono eletti solo nel 1979. In base ai Trattati, il Parlamento è composto dai “rappresentanti dei cittadini dell’Unione Europea ”; non degli Stati, quindi, ma dei cittadini.
Purtroppo, però, al Parlamento Europeo, che rappresenta 500 milioni di cittadini, gli Stati membri, gelosi delle proprie prerogative, hanno affidato meno poteri di quelli del parlamento islandese che rappresenta poco più di 300,000 abitanti.”
Vediamo perché.
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“Riportiamo di seguito alcune motivazioni in breve. “Anzitutto, al Parlamento Europeo compete un potere di decisione soltanto sulle materie di competenza della UE, che sono ridotte rispetto a quelle su cui può legiferare un parlamento anche in una piccola democrazia. Inoltre, solo dal Trattato di Lisbona in poi, ovvero 28 anni dopo la sua nascita, al Parlamento Europeo sono stati assegnati poteri di iniziativa legislativa, sebbene abbastanza convoluti: il Parlamento infatti può solo chiedere alla Commissione di esercitare il suo potere di proposta su questioni sulle quali il Parlamento ritenga debbano adottarsi alcuni specifiche decisioni.
Infine, il Parlamento Europeo è privato di un potere fondamentale: il potere di autorizzare imposte e quindi di prendere decisioni su come tali risorse vadano spese. Sono invece gli stati membri a decidere di quanto finanziare il budget della UE, attraverso un negoziato continuo con la Commissione: il Parlamento ha solo il diritto di approvare o respingere il quadro finanziario pluriennale proposto dalla Commissione. In altre parole, invece di avere una situazione di “no taxation without representation”, i cittadini che eleggono il Parlamento Europeo hanno una situazione di “representation without taxation”.
(Foto di nicknut del Parlamento Europeo, Strasburg)
Se il Parlamento Europeo avesse avuto i poteri che spettano ad una qualsiasi analoga istituzione in uno dei paesi membri, esso avrebbe potuto decidere di destinare più fondi in supporto dei cittadini più in difficoltà durante la recente crisi. Le decisioni in materia invece sono state demandate ad un meccanismo intergovernativo sfociato poi nella creazione di tutti quegli strumenti come il “fondo salva Stati” (ovvero il Meccanismo Europeo di Stabilità) che non vengono gestiti dal Parlamento.
Congiuntamente alla trasformazione della UE o di parte di essa in una federazione, al Parlamento spetterebbero poteri legislativi sulle materie di competenza della federazione. I parlamenti degli Stati membri avrebbero funzioni solo sulle materie di competenza degli Stati stessi e potrebbero quindi essere ridimensionati, riducendo il numero dei deputati (attualmente oltre 5500 solo nell’Eurozona).
In una struttura siffatta, non ci sarebbe più posto per poteri di veto o decisioni unanimi, e tutte le decisioni verrebbero prese a maggioranza semplice, o maggioranza qualificata per materie di particolare rilevanza.
Allo stesso tempo, per assicurare anche un ruolo diretto dei cittadini nel processo legislativo, andrà conservata e, anzi, potenziata una delle innovazioni più importanti del Trattato di Lisbona: l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), che, come ricordato in altri capitoli, consente ai cittadini europei, forti di almeno un milione di firme, di presentare iniziative legislative alle istituzioni europee. Mentre l’attuale destinatario dell’ ICE è la Commissione, in futuro il destinatario non potrà che essere il Parlamento.”
Estratti dal libro: “Breve Dizionario di Politica Europea” di Stefania Schipani e Marco Marazzi.
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